Voglia di morire. Che fare? Un caso di depressione maggiore
Ho tentato il suicidio.
Sonia, un caso di Disturbo Depressivo Maggiore
Sonia mi ha contattato perchè disperata da una condizione di depressione recidivante che tra un episodio e l’altro la stava portando a perdere la vita. Il ripetersi di crisi depressive configurava nel suo caso l’emergere di una diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore vero e proprio che per definizione avrebbe richiesto fin da subito, tre anni prima, un intervento farmacolgico da affiancare almeno al supporto psicologico che Sonia stava già ricevendo. Purtroppo la storia di Sonia di ritardo nella diagnosi o di sottovalutazione della gravità non è così rara,anzi. Una terapia precoce a base di antidepressivi avrebbe probabilmente risparmiato a Sonia e alla sua famiglia il calvario che invece hanno dovuto passare dopo il primo tentativo di suicidio.
Quando Sonia si è convinta a scrivermi, spinta dai genitori e da una sorella molto determinata, era sull’orlo di una nuova grave crisi con intenti e idee suicidarie molto chiare e definite. Memore della prima esperienza aveva già ideato e programmato come morire “di sicuro”, come mi disse lei stessa. Il ricovero in casa di cura, in un ambiente protetto e con adeguate cure intensive le permise progressivamente di spegnere l’angoscia di morte che ormai permeava completamente la sua mente non facendole trovare più nulla per cui vivere. La terapia a base di antidepressivi endovena e l’affiancamento psicoterapico e psico-rieducativo le hanno permesso, assieme all’affetto dei suoi cari, di recuperare nel giro di un mese e di poter essere dimessa con una terapia ormai stabilizzata e un equilibrio timico conclamato. Da allora Sonia si è affidata per il monitoraggio della farmacoterapia che ancora oggi segue come profilassi di un nuova ricaduta depressiva, assieme alla psicoterapia con la sua vecchia psicologa. Sonia pare in grado oggi di poter intravvedere un futuro diverso, non di morte.
Il materiale qui presentato è ispirato a fatti e personaggi legati all’attività clinica dell’autore che ne ha modificato i dettagli e ogni elemento che permettesse un riconoscimento a tutela e protezione della privacy dei pazienti. In ogni caso quanto riportato, per specificità della casistica esaminata e la non generalizzabilità delle indicazioni, non può in alcun modo considerarsi sostitutivo di una valutazione medica personale.