Sento che sto per morire. Che fare? Un caso di Disturbo di Panico.
Sento di stare per morire.
Paolo, un caso di Attacchi di Panico
“I miei primi attacchi di panico sono iniziati quando avevo diciotto anni. Ricordo ancora oggi quella cena tra amici durante la quale all’improvviso mi sentii molto male. Ebbi per la prima volta la sensazione di stare per morire, insieme a dei sintomi tipo il tremore, la sudorazione, le palpitazioni e la mancanza d’aria. Subito i miei amici mi portarono a casa e da quel periodo iniziò il mio tentativo, tramite molteplici consulenze specialistiche, di trovare un perché a questo apparente malessere inspiegabile. Col tempo, anche attraverso l’aiuto di diverse letture sono arrivato a capire che si trattava di D.A.P. Attualmente ho 30 anni, lavoro in una fabbrica molto vicina alla mia abitazione e mi sono anche sposato. Gli attacchi si sono ripetuti nel frattempo con scadenze medie di qualche mese l’uno dall’altro. Sono stato fortunato perché mia moglie é molto comprensiva, ma a tutt’oggi la mia vita risulta notevolmente vincolata da questo tipo di disturbo che mi crea notevoli difficoltà nell’allontanarmi da casa e nel sentirmi a mio agio con gli altri. Mia moglie è da alcuni mesi in stato di gravidanza e spero vivamente di non trasmettere al mio futuro figlio questa malattia.”
Il caso di Paolo mi ha molto colpito in quanto questo ragazzo viveva da anni in una condizione di ansia anticipatoria nel timore che da un momento all’altro un nuovo attacco potesse colpirlo. La sua qualità di vita si era drasticamente abbassata e con essa anche la qualità di vita della sua famiglia e ovviamente il rapporto con la moglie. Nel tentativo di migliorare la loro condizione questa giovane coppia aveva pensato di progettare e portare avanti una nuova gravidanza, ma questo tentativo di autoterapia come ebbe modo di dirmi Paolo stesso non funzionò. Di lui mi colpì subito la sua praticità, la sua pragmaticità e quasi totale assenza di un mentalità psicologica. Le cose parevano accadergli e basta.
Il mio intervento con Paolo si indirizzò subito, confermata la diagnosi clinica e testistica, verso la proposta di un intervento intensivo integrato presso il mio studio, sia per il gravoso stato in cui si trovava sia per la necessità di sostenere il ‘capofamiglia’ alla vigilia di una nuova nascita. La prescrizione di benzodiazepine per le prime tre settimane e di un farmaco appartenente alla categoria degli SSRI gli permise nel giro di un mesetto di poter apprezzare un primo livello di miglioramento stabile.
Con il tempo il quadro clinico migliorò ulteriormente e si stabbilizzò anche alla sospensione della terapia farmacologica con benzodiazepine. Solo però con un prolungato percorso psicoterapico ad una seduta alla settimana Paolo riusci a modificare, quel poco che bastava, quella sua struttura di base che rifuggiva ogni spiegazione psicologica e progressivamente imparò a conoscersi meglio sotto il punto di vista emozionale. Solo quando egli fu in grado di riconoscere adeuatamente le proprie emozioni e a dare loro il giusto valore, allora Paolo fu anche in grado di dispettere completamente i farmaci. Ci salutammo dopo due anni di psicoterapia.
Il materiale qui presentato è ispirato a fatti e personaggi legati all’attività clinica dell’autore che ne ha modificato i dettagli e ogni elemento che permettesse un riconoscimento a tutela e protezione della privacy dei pazienti. In ogni caso quanto riportato, per specificità della casistica esaminata e la non generalizzabilità delle indicazioni, non può in alcun modo considerarsi sostitutivo di una valutazione medica personale.
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