Anedonia, rovinata per sempre dagli antidepressivi SSRI?
Gentile Chiara
la ringrazio per il suo contributo al tema della anedonia e dell’ottundimento emotivo correlato o sospettato tale all’uso di farmaci antidepressivi.
Su cosa penso riguardo al tema PSSD ho pubblicato precedentemente una risposta qui sul forum alla quale la rimando.
Aggiungo che l’ottundimento emotivo può riconoscere differenti cause e quella iatrogena è solo una delle varie. Ne ho recentemente parlato sul mio blog in questo mio post sull’ Emotional Blunting
Circa la sua domanda sull’uso dell’EFEXOR non posso darle una riposta mirata e puntuale sul suo impiego in quanto come facilmente comprenderà non conosco la sua situazione clinica e anamnestica. Posso dirle che nella mia esperienza EFEXOR è un ottimo farmaco per la cura della depressione e della depressione ansiosa. Personalmente per la cura delle ossessioni utilizzo altri farmaci, tra i quali vi è quello da lei citato, il FEVARIN che presenta una specifica indicazione come da foglio illustrativo.
Un cordiale saluto
Federico Baranzini
Gentile dottore
la ringrazio per la cortese risposta,ho letto la sua risposta riguardo alla PSSD e ho visto i commenti di alcune persone che dicono di soffrirne,io mi trovo nella loro stessa situazione e posso confermare quello che dicono.
Sono preoccupata perché ho letto che la sindrome può durare anni o addirittura essere permanente,penso che se ne parli troppo poco e che ne venga troppo spesso negata l’esistenza da parte di suoi colleghi.
Ho letto anche il suo post sull’emotional blunting però non mi è chiaro il paragrafo che parla dei medicinali.
Lei quindi sostiene che non vi sia correlazione con gli antidepressivi che ho assunto?
Pensa che invece la causa possa essere lo stato depressivo da cui non sarei ancora uscita?
Sono passati quasi 4 anni da quando mi è stata diagnosticata la depressione e comincio a pensare che non ne guarirò mai.
Buongiorno Chiara,
sicuramente questo tema dovrà essere maggiormente compreso e studiato nel prossimo futuro. Già oggi ci sono correnti di ricerca che stanno cercando di stabilire se possa essere definita una sindrome specifica e soprattutto una entità con nessi di causa effetto con le terapie. Certamente anche venisse dimostrato questo nesso, bisognerebbe quindi fare i conti con la esiguità dei casi noti rispetto ai milioni di utilizzatori di SSRI in tutto il mondo.
Nel mio articolo sull’emotional bluntig, che ricordo è uno stato di appiattimento/offuscamento emotivo che riportano alcuni pazienti che stanno assumendo SSRI (quindi differente dal PSSD), riporto quelle che appaiono le ipotesi maggiormente accreditate. Personalmente ho potuto più volte confermare nella mia esperienza clinica che i farmaci SSRI e SRNI possono indurre tale sensazione, ma allo stesso modo devo dire in tutta onestà che non tutti i pazienti la trovano spiacevole.
Non si abbatta e non perda la fiducia in un miglioramento.
Cordiali saluti
Federico Baranzini
Buongiorno
da quattro anni al CSM mi danno farmaci ssri, da circa 7/8 mesi prendo escitalopram, dopo aver preso vortioxetina e sertralina, in quattro anni di cure mi sento sempre più apatico
Caro Alessandro,
forse potrebbe rendersi utile una revisione della sua diagnosi, se come dice non parrebbe essere soddisfatto delle cure ricevute: ha mai pensato ad ottenere una seconda opinione?
Un cordiale saluto
Federico Baranzini
Buongiorno Alessandro,
l’anedonia è una condizione medica caratterizzata dalla difficoltà di provare piacere o interesse per le attività che solitamente si considerano piacevoli. Ci sono molte possibili cause per l’anedonia, tra cui sicuramente disturbi dell’umore come la depressione, il disturbo ossessivo o tratti del carattere di tipo anancastico, ma anche patologie gravi come il disturbo bipolare e la schizofrenia, nonché problemi di salute fisica come il diabete, la malattia di Parkinson e la sclerosi multipla.
L’ipnosi è una tecnica che può essere utilizzata in alcune forme di terapia per aiutare le persone a superare determinati problemi emotivi, comportamentali o fisici. Tuttavia, non esiste un’ampia evidenza scientifica a supporto dell’uso dell’ipnosi per curare specificamente l’anedonia.
Ci sono alcuni studi che suggeriscono che l’ipnosi può essere efficace nel trattamento della depressione, anche se i risultati sono parziali e ulteriori ricerche sono necessarie per confermare questi risultati. Inoltre non vi è alcuna garanzia che possa aiutare a trattare l’anedonia.
In sintesi, l’ipnosi può essere una tecnica efficace nel trattamento della depressione, ma la ricerca attuale è ancora limitata e i risultati non sono sempre stati confermati. Per questa ragione, l’ipnosi dovrebbe essere utilizzata solo come parte di un trattamento più ampio e personalizzato.
Ci sono molte altre terapie che possono essere utili per il trattamento dell’anedonia, tra cui la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), la terapia psicodinamica, la mindfulness e la terapia farmacologica in alcuni casi selezionati.
Un cordiale saluto
Federico Baranzini
Esimio Dr. Baranzini,
condivido in parte quanto da Lei affermato. Per avviare e condurre un'indagine medica appropriata è necessario partire da alcuni presupposti: i farmaci SSRI/SNRI, comunemente (ed erroneamente) chiamati "antidepressivi" hanno assunto tale nominativo che trae in inganno, poiché sono più che tutto degli stabilizzatori dell'umore, anche se differenti chimicamente e per farmacodinamica/cinetica dalle specialità medicinali così denominate, che vedono impiegate molecole con proprietà antiepilettiche; gli "antidepressivi" agiscono come una livella verso qualsiasi emozione più intensa di ciò che in un grafico immaginario è considerato medio (average), con picchi in alto o in basso, senza differenza.
Ecco spiegato il motivo per cui attutiscono e affievoliscono sensazioni molto positive o fortemente negative, come la tristezza o la disperazione, comuni nelle patologie depressive. Questo significa, però, che l'assunzione di SSRI/SNRI tende ad evitare o comunque limitare l'intensità anche stati positivi come l'euforia/ilarità, l'entusiasmo, l'istinto di curiosità, interesse ed atteggiamento proattivo verso nuove esperienze, condizioni ed interesse verso la conoscenza (concreta -percezioni esperite tramite i 5 sensi- o astratta -informazioni ricercate, elaborate ed immagazzinate in memoria-), così come la motivazione in generale.
Questa condizione può rappresentare ciò che si ricerca come obiettivo della terapia farmacologica, oppure uno stato estremamente spiacevole, che combacia senza dubbio con il significato del termine "ANEDONIA", dalla quale derivano anche apatia e passività, ovvero uno stato di spegnimento, una sorta di anestesia emotiva. Non sempre è avvertita come spiacevole, soprattutto quando il paziente non ha ricordi vividi di sentimenti positivi intensi, ma piuttosto un grave abbattimento psicofisico, profonda ed inconsolabile tristezza, sensi di colpa e molti altri sintomi dello spettro depressivo, dai quali si trova sollievo dalla loro attenuazione causata dalla somministrazione di antidepressivi, senza accorgersi di vivere però in una specie di bolla dove tutta la sfera emotiva è ovattata, creata volutamente con lo scopo di ottenere una piatta tranquillità ed un'apparente serenità, in un'esistenza condotta perennemente nel range classificabile come "tiepido" che il soggetto trova preferibile all'angosciosa malattia ed anche la famiglia ne sarà soddisfatta.
Questo è il caso preso in esempio in ambito accademico per definire contesto ed evento: la casalinga che è insoddisfatta e triste, ha una visione nera nella vita, è senza speranze e questo le crea anche una forte angoscia, ma specialmente soffre a causa delle frequenti e drammatiche liti con il marito, che derivano quasi sempre dalla sua stessa condizione patologica in una spirale/loop senza fine, in quanto il suo stesso umore nero irrita il convivente, che di risposta la rimprovera frequentemente, anche per futili motivi e la donna accusa un grave malessere doppio, sia per la depressione endogena che per le emozioni negative di matrice reattiva, che vedono la loro comparsa a seguito dei diverbi esplosi durante la giornata.
L'antidepressivo, quando somministrato ed una volta esercitato l'effetto pieno, allevia il forte disagio esperito dalla paziente tramite la transizione verso uno stabile tono dell'umore e un'emotività omogenea e limitata, in mancanza di un'ampia gamma di varietà differenti ed intense; questa sfocata "pace" rappresenta per la donna la condizione ideale, poiché può finalmente trascorrere le giornate sul divano guardando le sue serie TV e telenovele preferite, non soffre più per i rimproveri o critiche del marito, che al tempo stesso è meno indotto a prendersela con lei, ritrovando un equilibrio di coppia. Il suddetto quadro, purtroppo, non rappresenta in realtà una condizione desiderabile e ottimale, in assenza di stimoli di qualunque tipologia, dove regnano passività e monotonia.
Non ritengo benefico il baratto della vivacità emotiva con un'illusoria tranquillità, quando si tratta soltanto di anestetizzare le percezioni impedendo così la vera soddisfazione e quindi anche la motivazione ad agire, a migliorare il proprio stato ed ogni aspetto della sfera personale, restando incastrati in una paralisi sensoriale, preferibile a gravi sentimenti negativi, ma sempre di immobilità si tratta, ovvero una limitazione che personalmente reputo inaccettabile. Molti soggetti, infatti, sviluppano consapevolezza di tale "mutilazione" emotiva e non solo non si ottengono benefici dalla somministrazione di SSRI/SNRI, ma il quadro clinico peggiora sensibilmente.
A questo punto è possibile formulare varie teorie e tesi, la mia personale convinzione mi porta a ritenere opportuno l'utilizzo di un antidepressivo solo in presenza di una sintomatologia caratterizzante una depressione ansiosa, dove il tono dell'umore è fortemente influenzato dall'agitazione intensa ed eccitazione psicomotoria, con le varie sfumature di paura, preoccupazione, inquietudine, etc. che possono mitigarsi a seguito dell'assunzione di una molecola della classe degli SSRI per il dovuto periodo temporale. Quando, al contrario, il quadro iniziale è riferibile ad una condizione di passività, con mancanza di iniziativa e tendenza a non agire, ritengo preferibile adottare un trattamento basato sull'incremento della quantità e/o disponibilità della dopamina, invece che agire sul lato serotoninergico (teoria sulla quale si basa l'utilizzo dei farmaci inibitori del reuptake della serotonina).
Da qua è necessario indagare ulteriormente le caratteristiche e fasi della condizione del paziente, per poter valutare quale scelta farmacologica sia maggiormente appropriata, tenendo conto di azione pre o postsinaptica, sul reuptake della dopamina, ma anche dei vari sottorecettori e relative molecole, poiché, ad esempio i farmaci che agiscono sui recettori D2 non solo non hanno alcuna azione stimolante, ma tendono a dare sedazione, mentre l'aumento della dopamina che vede coinvolti i recettori D1 (es. metilfenidato) ha effetti positivi sull'attivazione nel paziente (anche se sono sempre da valutare i possibili effetti collaterali, che non devono rappresentare un rischio >beneficio).
A tal proposito, sono impiegati agenti già naturalmente presenti ed utilizzati dall'organismo, come la colina e i suoi derivati, oppure inibitori della colineristasi, in quanto si tratta di composto alla base della produzione della dopamina, implicata nella produzione di dopamina.
Ciao Chiara, ti capisco perfettamente quando dici che non ti interessa niente, io vivo esattamente così,Uso efexor 75 dal 2018, anno in cui ho cercato di suicidarmi, questo farmaco mi ha aiutato a controllare la mia ansia ma non ha risolto la mia mancanza di interesse per la vita