Come sensibilizzare un familiare alla necessità di cure. Che fare?
Salve,
Scrivo perché vorrei chiedere il parere di uno psichiatra in merito alla situazione vissuta da una persona a me molto cara.
Da un paio d'anni ormai la persona in questione soffre di repentini sbalzi d'umore, paure e parecchia ansia, il tutto acuito dalla situazione provocato dalla pandemia da covid...il medico di base gli ha prescritto il Tranquirit dicendogli di assumerne 4/5 gocce ogni qualvolta ne avvertisse il bisogno...fatto sta che la frequenza dell'assunzione sta aumentando sempre di più, in quanto più numerosi sono gli episodi di malessere psicologico del paziente...io vorrei tanto poter aiutarlo ma non sono un medico anche se c'è da dire che oggi giorno non è scontato trovare un medico che sappia ascoltare un paziente, che si interessi davvero a lui e che lo segua per farlo migliorare col tempo, non imbottendolo di pasticche che alla fine non vanno alla radice del problema...
La persona in questione è molto sensibile è una persona intelligente e con tante potenzialità ma che ultimamente sembra non avere più quella vita di un tempo, tanto è vero che io credo che soffra di una sorta di depressione nascosta della quale forse nemmeno lui si renda conto... questa assunzione "una tantum" di Valium è davvero utile? Perché io miglioramenti non ne vedo.
Spero in una sua risposta, grazie
Cordiali saluti
Gentile Sara,
la questione del caso da lei raccontato è molto di attualità nella prassi clinica e punta il dito su un aspetto centrale del mio agire clinico e della mia etica professionale: l'importanza della cura della relazione con il paziente nella professione medica e -più nello specifico- per noi psichiatri, specialmente se psicoterapeuti.
Questo punto di vista si basa su un assioma sottostante e cioè che ciò che curiamo come medici non è solo un apparato o un organo o una funzione ma una persona nella sua interezza, osservata, in quella specifica occasione, attraverso il suo malessere e la sua malattia, sistemica o d'organo che sia. Mi riferisco allo sforzo di mantenere sempre una visione d'insieme sulla persona, si potrebbe dire uno sguardo olistico, che argini la tendenza e la tentazione alla riduzione a sintomo del malessere soggettivo di un paziente.
Un medico di base rappresenta il primo e fondamentale approccio al malessere di un paziente nel sistema sanitario pubblico. Spesso però i medici di base, o perchè non preparati, o perchè soverchiati di burocrazia e da sale di aspetto stracolme, non riescono a dare la giusta attenzione ai bisogni inespressi o impliciti che spessissimo un paziente porta, anche a sua stessa insaputa, alla visita. L'ansia rappresenta un sintomo molto generico e spesso sottende altri significati che non sempre sono così facilmente rintracciabili o esprimibili da parte del paziente. Gli sbalzi di umore potrebbero non essere nulla di che preoccuparsi se intercettati dal medico in un periodo così stressante come la pandemia e in particolare il lock down, ma potrebbero al contrario essere segno di patologia se persistendo portassero il paziente a perdere "qualità" di vita, perdenddo per esempio amici e lavoro.
Sarebbe utile che il suo conoscente si rivolgesse a un collega psicologo psicoterapeuta o psichiatra con formazione psicoterapeutica, quindi non solo farmacologo, perchè possa essere aiutato a esprimere quel malessere che forse è misconosciuto anche a lui stesso.
Una depressione latente? Mascherata? Solo con una conoscenza approfondita e una serie di colloqui clinici effettuati da persona esperta si potrà capire se e come aiutare il suo amico. I farmaci aiutano ma non sono la soluzione nella maggioranza dei casi di disagio psicologico.
Come iniziare? Inizi lei stesso a parlargliene avvicinandolo, sfruttando proprio quella relazione privilegiata di cui sente di essere portatore.
Un cordiale saluto
Federico Baranzini